Ha i colori della nazionale brasiliana e sicuramente la stessa vitalità, quella che esprime grazie al suo inconfondibile sapore che oggi troviamo in tutte le portate, dall’aperitivo sino al dolce, preparate secondo antiche ricette locali o seguendo le ricerche culinarie più sperimentali, quelle che hanno permesso al cedro di imporsi grazie alla sua duttilità gastronomica. Siamo in Calabria, lungo la striscia costiera stretta tra il mar Tirreno settentrionale e le propaggini dell’Appennino: qui, grazie ad un microclima particolare, l’agrume simbolo della cultura locale da secoli affascina sia per le sue virtù mediche che per gli antichi legami religiosi che spingono, ogni anno, centinaia di rabbini a recarsi in questa parte della Calabria, con l’unico scopo di scegliere meticolosamente il sacro frutto per la festa del “Sukkot”, antica celebrazione ebraica, rievocativa della vita del popolo di Israele nel deserto durante il viaggio verso la terra promessa. “Sorrido pensando a quegli invogli di fronde compresse e risecche, venuti di Calabria, che un giorno vi stupirono e vi incantarono, quando ve li offersi sopra una tovaglia distesa sull’erba non ancora falciata…”: era il 1916 e sulle pagine del Corriere della Sera Gabriele D’Annunzio celebrava l’agrume calabrese tra le specialità italiche.
In realtà la fama e la “pubblicità” del cedro erano ben salde da secoli, se è vero che giunse in riva alle coste calabresi intorno al III° secolo a.C., anche se per alcuni l’approdo deve farsi risalire addirittura al VII° secolo, grazie agli ebrei ellenizzati. Una cosa è certa: la sua presenza è antecedente al limone ed a tutti gli altri parenti più famosi che può vantare tra gli agrumi. Oggi la “citrus medica” -questo il suo nome scientifico- entra di diritto in una varietà di ricette: “Può includersi in un pasto luculliano per piatti di evasione, in cui i piaceri della gola ben si associano alle raffinatezze dell’intelligenza, come pure in una dieta vegetariana ed igienista alla Pitagora, quando nei mesi più caldi, per reintegrare i sali consumati, sono necessari gli agrumi, ricchi di potassio, di fibre, ma poveri di grassi”. Lo descrive amabilmente il professor Franco Galiano, classicista e studioso del cedro, da anni cantore illuminato delle virtù organolettiche del celebre agrume e, soprattutto, animatore dell’“Accademia internazionale del cedro” che presiede nella sede di Santa Maria del Cedro, nel cosentino, tra marketing promozionale e memoria collettiva: “vogliamo guardare con occhio nuovo e diverso allo sviluppo della Calabria ed all’essere calabresi oggi. Vogliamo che la cultura diventi volano di una nuova pianificazione economica capace di portare vantaggi alle nuove generazioni, mettendo da parte ogni tentazione rinunciataria e piagnucolona”. Il cedro può accompagnare pietanze di cereali (riso, lenticchie, pasta), di legumi (fagioli, ceci, piselli), di verdure (zucca, radicchio, cipolla rossa e carote), tutte ricche di proteine vegetali, di antociani, di antiossidanti e mancanza di grassi saturi, in una composita dieta mediterranea che migliora la funzionalità e il tono dell’apparato digerente. Entra in piatti di frutti di mare e di pesce azzurro che permettono alle cellule di rimanere ben idratate e quindi di funzionare al meglio e di stimolare il sistema immunitario, e può coniugarsi, inoltre, a spezie quali curry, peperoncino, zafferano, zenzero in grado non solo di colorare e insaporire i nostri piatti ipocalorici, ma anche di fornire inaspettate vitamine e di svolgere un’attività antimicrobica ed antiossidante.
Strabilianti le sue qualità organolettiche: ricco di sali minerali, di vitamina C e privo di grassi e proteine, con contenuto medio di zuccheri, apportando ogni 100 grammi, soltanto 32 calorie, il cedro si candida ad entrare di diritto in tutte quelle diete ipocaloriche, ipolipidiche e biodinamiche che favoriscono una equilibrata alimentazione, volta a prevenire molte malattie degenerative e fastidiosi malanni influenzali. Il cedro, di recente, valorizza l’artigianato dolciario con nuove e già collaudate ricette in cui trionfano crostate, pastiere, dolci fantasia, candìti al cioccolato, cremini, mostaccioli, fichi secchi imbottiti, crocette della Riviera, cantucci, arte biscottiera, senza dimenticare la gelateria con semifreddi, mousse, tiramisù e sublimi tartufi. Sconosciuto fino a pochi anni fa presso il grande pubblico, il liquore al cedro, oggi, va conquistando fasce sempre più vaste di estimatori che rimangono stregati dall’aroma agrumato ed intenso, ottenuto secondo le antiche ricette officinali, tramite l’infusione alcolica delle bucce. Con il “cibo sacro delle sirene” si realizzano conserve, marmellate, confetture, primi e secondi piatti dietetici a base di carne o di pesce, raffinate salse verdi che possono condire baccalà o stoccafisso, insaporire maccheroni classici come i fusilli con carne di capra. Anche con la scorza dell’agrume, tagliata a tocchetti, ancor oggi si aromatizzano formaggi, insalate, pizze rustiche, zuppe di legumi secchi, passata di fagioli neri e di lenticchie, crema di ceci con aglio e melanzane, ammorbidire carni bianche e rosse, accompagnare crostacei, entrare nelle marinate, nei fumetti di pesce, aromatizzare l’aceto. Un vero trionfo di sapori ed aromi…
La ricetta: gamberoni lessi
Ingredienti per 5 persone: 1.500 gr di gamberoni, 40 gr. di olio, succo di cedro, Sale
Preparazione: lessare i gamberoni per circa 5 minuti, scolarli, farli raffreddare. Quindi liberarli dalla corazza (sgusciarli) e servirli conditi con olio e succo di cedro gusci
Da: Franco Galiano, Il cibo sacro delle sirene, Lapico (Scalea, Cs) 1996
Libero, “Ricette della nonna” Egidio Lorito, 18/09/2019