Mi legava a Fabio una bell’amicizia. Certo, meno quotidiana di quella che condivideva con molti suoi concittadini, in quel di Lauria, ma -sicuramente- oltremodo entusiasta nel nome della nostra passione comune. Per lui, la montagna, era diventata, nel tempo, un impegno, una professione, un modus vivendi coltivato giorno dopo giorno: maestro di sci, guida escursionista, membro del Soccorso alpino e speleologico di Basilicata, Fabio aveva contribuito a contagiare un’intera generazione che, oggi, guarda a lui con affetto, con rimpianto. Con dolore…
Non è facile accettare la perdita di una vita nel fiore degli anni, soprattutto quando questi stessi anni venivano spesi, anno dopo anno, non solo per coltivare una passione personale, quanto -soprattutto- per coinvolgere le forze attive del proprio territorio, dalla politica all’associazionismo, in un progetto ampio e diffuso di tutela e valorizzazione.
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Può la terminologia musicale essere utilizzata per affrontare tematiche “altre” rispetto al proprio fisiologico campo d’azione? Pare di sì e ad esserci riuscito è stato un filosofo del diritto che ha organizzato il suo ultimo saggio seguendo canoni e schemi tipici della cultura musicale tradizionale. “Per rapsodia, secondo il linguaggio musicale, si intende una composizione nella quale più temi vengono svolti in forma libera, a volte per esaltare un particolare virtuosismo strumentale. Con questa chiave di lettura si snodano i temi che formano l’ossatura di questo breve saggio, i cui argomenti sono stati scelti in modo libero e trattati alla maniera rapsodica, come se una mano invisibile mi avesse condotto verso gli scaffali per riaprire pagine tante volte lette e rilette”.