“Avete investito e, alla fine dei conti, non sapete davvero perché avete perso o guadagnato. Nulla, al mondo, è più emotivo del denaro; nulla è più irrazionale. Ecco perché vi serve una guida. Ecco perché vi serve Jungle Guide”. Lo dichiara senza mezzi termini Alessandro Parravicini che, anzi, rincara la dose sottolineando come “i mercati finanziari sono una giungla in cui non basta avere fiuto per trovare il sentiero giusto senza essere sbranati”. Studi alla Bocconi, analista finanziario certificato, è attualmente consulente strategico per “Swan Asset Management Sa”, una società di gestione del risparmio di diritto svizzero fondata nel 2008 a Lugano che si configura come una banca finanziaria altamente specializzata ed indipendente, il cui principale obiettivo è la gestione diretta di fondi di investimento sia tradizionali che alternativi in ambito obbligazionario e azionario, con una marcata specializzazione sui mercati del credito a livello globale. Dalla conoscenza di questo ginepraio è nata una bussola per orientarsi senza il rischio di smarrire la retta via, e così il suo “Jungle Guide.
Investire: il modo più difficile per fare soldi facili” (Mondadori, 2019), non può essere considerato soltanto un vademecum economico-finanziario, in quanto elargisce a piene mani consigli su dove partire per investire, supportati dalle reali motivazioni emotive e psicologiche che guidano gli attori sui mercati finanziari. “Non conta tanto essere Tori (rialzisti) o Orsi (ribassisti), secondo il gergo di Wall Street: conta possedere e allenare un’intelligenza sensibile alle logiche spietate del mercato. La mia ricerca potrà aiutare professionisti e dilettanti a sviluppare una coscienza finanziaria critica, con traguardi e strategie, e a comprendere i meccanismi dialettici fra acquirenti e compratori”.
Cosa accadrà nei prossimi mesi, quando, speriamo, la terribile pandemia da Covid-19 inizierà ad attenuarsi?
“Il rimbalzo osservato dai minimi di marzo è dovuto alle banche centrali e agli stimoli fiscali, ma la “botta”, in termini di crollo della crescita globale, deve ancora pienamente materializzarsi! Ora viviamo alla giornata e, se le borse non saranno ancora scese, non escluderei un ritorno verso i valori di partenza: in fondo siamo nel pieno di una dura recessione ed i mercati al ribasso non si esauriscono in poche settimane.”
Dal suo privilegiato osservatorio avrà colto delle criticità?
“Purtroppo sì e sono almeno due: l’uscita dalle misure di blocco, dai c.d. diversi lockdowns e l’auspicabile qualità della successiva ripresa. Mi spiego: è stato sin troppo evidente che i governi abbiano subìto la pandemia reagendo, praticamente obbligati, con la chiusura forzata di tutte quelle attività evidentemente non essenziali, in ciò provocando una recessione chiaramente non voluta ma imposta dagli eventi. Solo in questi ultimi giorni, l’abbassamento dei contagi ha fatto risalire la voglia di ripartire, considerando che la chiusura totale ha già causato forti costi economici. Ma temo che la ripartenza sarà molto più incerta di quanto sperassimo, perché se è vero che il c.d. lockdown è sì riuscito ad abbassare il picco dei contagi, paradossalmente ne ha prolungato l’evoluzione; stiamo lentamente ritornando alla normalità grazie alle aperture scaglionate di negozi ed attività varie, al contenimento degli spostamenti ed al rispetto di rigide regole di distanziamento personale. Il punto di vista sociale non mi allarma: sono gli effetti economici che dureranno molti mesi, con il risultato che l’auspicato rimbalzo economico sarà più basso delle attese, e che i posti di lavoro persi potrebbero essere più numerosi del previsto”.
Pensa che la Banca Centrale Europea stia rispondendo efficacemente all’emergenza sanitaria?
“Una certezza, almeno, posso esprimerla: le banche centrali hanno imparato dagli errori compiuti nel corso delle crisi del 2008 e del 2012, se pensiamo che nel solo primo mese di emergenza sanitaria hanno iniettato liquidità pari a 2,4 trilioni di dollari, mentre nel biennio 2008-2009 tale cifra venne raggiunta soltanto dopo un anno dallo scoppio della crisi. Oggi gli aiuti fiscali fanno sentire il proprio peso: il c.d. Quantitative Easing -ovvero l’aumento artificiale da parte delle banche centrali di moneta in circolazione per stimolare la crescita economica, incentivando produzione, consumi, l’occupazione e quindi favorendo un moderato aumento anche dell’inflazione- insieme ai tassi a zero, hanno perso efficacia nel sostenere l’economia, ecco perché i principali Paesi hanno messo in campo un pacchetto di interventi mai raggiunto dal secondo dopoguerra, con piani per 5 mila miliardi di dollari che potrebbero anche raddoppiare. La c.d. Eurozona ha immesso “soldi nuovi”, oltre agli aiuti diretti a vivacizzare risorse già presenti nel sistema. Occorrerebbe un vero piano europeo di investimenti infrastrutturali, finanziato tra i 27 Paesi, che potrebbe risolvere il problema della produttività, ormai in perenne calo strutturale”.
Come sta affrontando i settori e le aree geografiche di investimento?
“Vista la difficile situazione economica, preferisco non rischiare a livello di portafoglio. Vedo bene le aziende che producono beni che comunque continueremo ad acquistare, come gli alimentari. Lo stesso discorso vale per le c.d. utilities, ovvero le aziende di servizio pubblico (acqua, luce, gas, gestione dei rifiuti) favorite dai tassi bassi -perchè la stabilità dei ricavi consente loro di sopportare un maggior livello di indebitamento- e dai piani di investimento sulle energie rinnovabili, per ridurre l’inquinamento legato alla produzione di energia elettrica. Nessun problema sui prodotti farmaceutici, mentre nei settori più ciclici, e quindi più esposti al peggioramento economico, la preferenza cade sulla tecnologia, visto che le restrizioni favoriscono le attività in remoto; suggerisco cautela sui “consumi ciclici”, ovvero auto e turismo, materie prime, prodotti petroliferi e banche, che vedranno aumentare le sofferenze sui prestiti”.
Non ci spaventi, ma pare che la crisi attuale possa avere conseguenze nel lungo periodo!
“L’amara verità è che intravedo diverse criticità, supportate da domande che gli economisti, ma anche i cittadini attenti osservatori, conoscono bene. In che modo sarà possibile ripagare l’enorme mole di nuovo debito? La politica, avendo sostenuto con finanziamenti diretti le imprese in difficoltà, consentirà ancora le pratiche finanziarie a favore degli azionisti, cioè accetterà ancora di indebitarsi per pagare più dividendi o per acquistare azioni proprie? In realtà si avrà una congiunzione tra politiche monetarie e fiscali: stiamo vedendo come, controvoglia, le Banche centrali siano costrette a finanziare i deficit statali, e questa linea potrebbe far risalire l’inflazione, aiutando a ridurre rapporti debito/Pil, ormai giunti a livelli proibitivi”.
Ci sveli qualche segreto: le aziende più appetibili su cui investire…
“Segnalo Ubisoft, tra i leader nel mondo dei videogiochi (Assasin’s Creed, Rainbow Six…) che ritengo ben posizionata in un settore in crescita strutturale; sono positivo su Teleperformance, leader mondiale nella fornitura di servizi per call centers e gestione dei contatti con la clientela da remoto. Nei farmaceutici segnalo Ucb Pharma, specializzata nelle malattie autoimmuni e del sistema nervoso centrale (Alzheimer, Parkinson, epilessia…) con un’offerta di nuovi prodotti di sicuro successo. Per quanto riguarda il settore del lusso, indicherei Moncler. Ma serve una guida sicura…”. Ecco “Jungle guide”…
l’ALTRAVOCE dell’Italia. Il Quotidiano del Sud Egidio Lorito, 03-07-2020
Pag. XIII “Il dibattito e le idee”