«L’esplosione della pandemia da Coronavirus segna la nostra epoca definendo una linea di separazione fra un prima e un dopo. Uno spettro inatteso si aggira per il mondo, invisibile e potente: si è infiltrato nella nostra quotidianità, attecchendo indipendentemente dai sistemi economici, politici, culturali, corollario e compimento indesiderato di una tarda modernità. L’epidemia ha mostrato come il gigante cinese abbia piedi di argilla e come la sua fragilità infetti pericolosamente la rete di relazioni che aveva intessuto. Se nella società globalizzata “un battito d’ali di una farfalla ad est può provocare uno spaventoso uragano ad ovest”, l’infezione partita dalla Cina ha mantenuto la stessa dinamica, con forza ben più temibile di quella esercitata da un battito d’ali di farfalla, e qui il battito era di ali di pipistrello…».
Vincenzo Bova è ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e docente di “Sociologia delle religioni” nel Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali della Università della Calabria.
Professore, Lei ha intravisto nella diffusione del nuovo coronavirus in Italia due chiavi di lettura.
«La prima minimalista: è poco più di una banale influenza. La seconda catastrofista: è la nuova peste e siamo disarmati. Il nostro Paese era percepito come sicuro, così come si reputava eccellente il nostro sistema sanitario. Poi, in pochi giorni, abbiamo assistito al crollo e ci siamo scoperti la prima nazione al mondo per numero di infettati! L’angoscia cresceva sull’humus delle incertezze, le parole assumevano i toni della chiamata alle armi: “l’Italia è più forte del virus!”, “Andrà tutto bene!” La politica si è consegnata obbediente alle indicazioni degli scienziati, inizialmente non proprio univoche, tanto che il Covid-19, in poche settimane, era riuscito a mettere in crisi il nostro essere al mondo e del mondo».
Il Covid-19 ha ridisegnato i confini di comunità da cui, per decreto, non si poteva né uscire né entrare…
«Non c’è stata libertà di scelta! Siamo stati costretti a essere “parte di” uno spazio abitato dipinto di rosso o di giallo, i cui confini venivano decisi da chi ha dovuto tenere conto dei livelli di diffusione del contagio. Altro che società liquida! Il Covid-19, al momento non sconfitto, almeno può essere contenuto nei suoi effetti: basta rispettare le regole e ridurre al minimo le relazioni sociali, esattamente come nello stato di guerra, quando si è sotto attacco di un potente nemico e bisogna mettere da parte le divisioni per essere uniti. La mia vita dipende dal tuo comportamento, la tua vita dipende dal mio».
La pandemia ha messo in discussione anche il nostro stile di vita religioso!
«Stiamo riflettendo sul modo con cui la Chiesa cattolica si sta rapportando alle mutate situazioni di contesto: sono molteplici le questioni che hanno interrogato la Chiesa, istituzione e comunità di fedeli che occupa un posto di rilievo nel nostro Paese e che mantiene una familiarità con tematiche quali senso della vita, fragilità dell’esistenza, morte, solidarietà, obbedienza, identità nazionale. Il senso religioso si pone sotto forma di domande e la Chiesa cattolica, “esperta in umanità”, come amava ricordare Papa Paolo VI, occupa un posto di tutto rilievo nella vita di tanti italiani che si sono dovuti confrontare con i provvedimenti emanati dalle autorità politiche».
Stato e Chiesa cattolica di fronte all’emergenza!
«Ci troviamo innanzi ad un evento di particolare rilevanza e ad un provvedimento dello Stato italiano che ha limitato la vita ordinaria dei cattolici, intervenendo sullo stesso rapporto Stato-Chiesa. La Conferenza Episcopale Italiana ha risposto al Dpcm in maniera coerente ai contenuti della Dottrina sociale cattolica: “l’autonomia reciproca della Chiesa e della comunità politica non comporta una separazione che escluda la loro collaborazione: entrambe, anche se a titolo diverso, sono al servizio della vocazione personale e sociale dei medesimi uomini. La Chiesa e la comunità politica sono al servizio dell’uomo, a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace quanto meglio entrambe allacciano tra loro una sana collaborazione, considerando anche le circostanze di luogo e di tempo”».
Quindi, cittadini e credenti stanno navigando nella doppia fedeltà?
«L’adozione da parte della Cei delle misure stabilite dal Governo, ha generato una serie di perplessità espresse sia fra i vertici che nella base di una parte del variegato mondo cattolico. Papa Francesco, il Papa della “Chiesa in uscita” e della “Chiesa ospedale da campo”, è intervenuto direttamente sulle direttive emanate inizialmente dalla Diocesi di Roma ed ha chiesto di riaprire le chiese. A distanza di poche ore dallo scarno comunicato di chiusura delle celebrazioni religiose, ancora la Cei è ritornata sull’argomento a specificare che il provvedimento restrittivo non intendeva chiudere la presenza della Chiesa accanto ai suoi fedeli. Pochi giorni dopo abbiamo registrato un documento di vicinanza al Papa ed alla posizione espressa dai Vescovi, sottoscritto e reso pubblico da 38 associazioni cattoliche e da 17 parlamentari o ex parlamentari cattolici».
È a rischio lo spazio riconosciuto alla Chiesa cattolica?
«Viviamo il momento in cui le grandi questioni dell’identità nazionale, della solidarietà, della morte, del sacrificio, del sostegno psicologico, dell’obbedienza alle autorità, dell’identità nazionale si pongono con forza all’ordine del giorno per superare il momento di crisi e ripartire. Soprattutto quando si pensava al passaggio alla fase 2 si è posta una domanda: se può rimanere aperta una fabbrica, un supermercato o una farmacia o un qualunque altro servizio ritenuto indispensabile, ponendo in atto sistemi di sicurezza per quanti condividono una prossimità fisica, perché la stessa cosa non è stata pensata anche per le cerimonie religiose?».
Sembrerebbe che sia stato messo in discussone l’incontro con la dimensione trascendente dei fedeli!
«È il significato non marginale della vita religiosa! L’eucaristia è un sacramento e per la Chiesa cattolica, come ricorda il Codice di diritto canonico “i Sacramenti sono i segni visibili ed efficaci della grazia invisibile di Cristo. In ciascuno di essi è lo stesso Signore Risorto che opera attraverso il ministro, agendo nella vita del credente, che riceve il dono di una nuova dignità e di una nuova grazia santificante per opera dello Spirito Santo”. Tutto questo avendo come riferimento un’Italia in cui, ancora oggi, il 22% della popolazione va regolarmente a messa, un altro 15% sale i gradini del sagrato almeno una o due volte al mese, ed il 60% di quelli che partecipano al rito fa la comunione…».
l’ALTRAVOCE dell’Italia. Il Quotidiano del Sud
Inserto culturale domenicale Mimì Egidio Lorito, 15-05-2020