Dopo le parole del ministro dello sviluppo economico e numero due della Lega, che ha evocato il ricorso ad un semipresidenzialismo in salsa italica, la corsa alla successione di Mattarella al Colle più alto di Roma ha subito un’accelerazione non preventivata fino a qualche giorno addietro.

Da alcune ore le anticipazioni dell’ultimo saggio di Bruno Vespa stanno scuotendo i palazzi della politica e con essi costituzionalisti e politologi. Giancarlo Giorgetti, ministro leghista allo Sviluppo economico e numero due del Carroccio avrebbe infatti dichiarato che «Draghi potrebbe guidare il convoglio anche da fuori (dal Colle, ndr). Sarebbe un semipresidenzialismo de facto in cui il Presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole». Per il professor Lanchester «le parole del ministro, una sorta di macigno lanciato in uno stagno, da più parti sono apparse un vero e proprio endorsement in favore del premier Mario Draghi, soprattutto ora nel bel mezzo della difficile partita che l’esecutivo sta iniziando a giocare tra l’uscita dall’emergenza pandemica (non facilmente databile, però) e la gestione della gran massa di denaro pronta a piovere dall’Europa attraverso il noto Piano nazionale di ripresa e resilienza». Anche perché sempre il ministro Giorgetti aveva evidenziato, ancora tra le pagine del testo di Vespa, come «già nell’autunno del 2020 dissi che la soluzione sarebbe stata confermare Mattarella ancora per un anno. Se questo non è possibile, va bene Draghi».

Panorama.it ha incontrato il professor Fulco Lanchester chiedendogli lumi, sul piano della stretta legalità costituzionale, in tema di semipresidenzialismo all’italiana, interpretato nell’alveo della Carta costituzionale. 
Fulco Lanchester, friulano di Udine, allievo di Mario Galizia nell’ateneo pavese, è professore ordinario di Diritto costituzionale italiano e comparato all'Università di RomaLa Sapienza” ove si occupa di temi classici della comparazione costituzionale, quale rappresentanza politica e sistemi elettorali, forme di Stato e di governo, di storia costituzionale e del fenomeno della comparazione giuridica tra pensiero giuridico italiano e tedesco. Già preside della facoltà di scienze politiche tra il 1999 ed il 2008, pro-rettore dell’Ateneo nel biennio 2009-2010, direttore del Dipartimento di teoria dello Stato tra il 1993 ed il 1999 e del Dipartimento di scienze politiche dal 2012 al 2015: coordinatore di “Nomos-Le attualità del diritto, edita dall’istituto Poligrafico dello Stato di cui è attualmente il direttore responsabile, dirige anche  la collana Archivio di storia costituzionale e di teoria della costituzione edita da Giuffrè e i Quaderni di Nomos  della Wolters Kluwer-Cedam, oltre a comporre i comitati scientifici di riviste storiche quali quali Quaderni costituzionali, Rassegna parlamentare, Revista de derecho constitucional europeo.  
Professore, ci aiuti a fare chiarezza sull’argomento
«Basta scorrere le pagine dell’edizione mattutina di ieri di Le Monde per leggere un interessante articolo sul modo in cui i giornalisti italiani ed il sistema politico italiano si stanno approcciando alle elezioni del Capo dello Stato: ovvero, sostengono in Francia, attraverso il ricorso ad una serie di coupes de théatre. E l’uscita spiazzante del ministro Giorgetti appare agli occhi della sofisticata stampa d’Oltr’Alpe esattamente come uno di questi colpi di scena». 
Ricorda il titolo di quell’articolo?
«Emblematico: En Italie, la succession du président Mattarella fait les délices du “journalisme de coulisse”. Traduzione agevole, credo, e per l’autorevole quotidiano parigino, di stampo progressista, l’articolo del corrispondente da Roma, Jérome Gautheret, vede nel retroscenismo il genere giornalistico più in voga in questa fase delicata che precede l’elezione del nuovo inquilino del Quirinale». 
Ci facciamo sempre riconoscere…

«Il ministro Giorgetti si rivolge ai partners del governo e ai suoi della Lega e prospetta un modello tutto italiano, una sorta di semipresidenzialismo di fatto.  Dobbiamo fare chiarezza, appunto, perché, come sappiamo, il ruolo del Presidente della Repubblica è quello di essere organo di garanzia interna, così come, ad esempio, la Corte costituzionale appare come organo di garanzia esterna. E il costituente non si era certo sognato di profilarlo come un elemento di indirizzo politico, ruolo che invece spetta al presidente del Consiglio, ai sensi dell’art. 95 della Costituzione».
Rileggiamola questa norma, allora
«“Il presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri. I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del consiglio dei ministri e individualmente degli atti dei loro dicasteri”. Ciò vuol dire che il premier -utilizzando un termine di derivazione anglosassone- ha la funzione di dirigere e coordinare l’attività di Governo al fine di preservare l’unità di indirizzo politico, ovvero gli obiettivi che in un determinato momento storico la nostra comunità statale si prefigge di raggiungere, indicando, al contempo, mezzi materiali e finanziari con cui raggiungerli». 
Questa è una norma centrale nel circuito democratico…
«Assolutamente. Grazie ad essa siamo nel bel centro del circuito democratico del nostro sistema parlamentare, dal punto di vista spiccatamente politico: le norme di riferimento, in tal senso, sono l’art. 1 della Cost., che prosegue nell’art. 3 primo comma, ovvero lo spiegarsi dell’uguaglianza formale, nell’art. 48 a proposito del valore dell’elettorato e nell’art. 49 sul ruolo propulsivo e democratizzante dei partiti politici. Linea che termina nell’art. 92 ove si legge, a chiare lettere, che è il presidente della Repubblica che nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su sua proposta, i ministri».
Senza dimenticare l’art. 94, che unisce indissolubilmente Governo e Parlamento…
«Come dimenticarlo: è la norma fondante il principio del bicameralismo ed è proprio al suo interno che nasce e si sviluppa il rapporto di natura politica che deve necessariamente intercorrere tra il Governo ed il Parlamento e che fa sì che la nostra democrazia sia, praticamente, di tipo parlamentare».
Allora il ministro Giorgetti a cosa vorrebbe mirare?
«Mi pare che la sua proposta, dal punto di vista concreto, punti ad un passaggio politico senza, però, la solida base di una riforma costituzionale: un semipresidenzialismo basato sull’elezione indiretta del Capo dello Stato da parte delle due Camere ed aggregati regionali. Ecco questa variante italiana: mancherebbe l’elezione diretta».
Professore, andiamo al di là delle sottigliezze tecniche…
«Sul piano della stretta legalità costituzionale, si tratterebbe, a mio avviso, di una vera boutade politica che mette in evidenza la più complessa emergenza politico-parlamentare sulla quale, negli ultimi mesi si è sovrapposta, putroppo, l’emergenza sanitaria».
Allora l’ipotesi di Giorgetti come si colloca?
«Direi nell’alveo dell’emergenza, venendosi a collegare a quella sanitaria, ma la considero, a tutti gli effetti, un’ipotesi di natura politico-parlamentare, perché volta ad assicurare la permanenza di Mario Draghi sia al governo che alla presidenza della Repubblica, salvo che la proposta stessa dimostri di essere, appunto, una proposta di emergenza che rasenta la snervatura del tessuto costituzionale».
Riecheggiano i poteri del presidente della Repubblica a geometria variabile…
«La teoria che i poteri del presidente della Repubblica ricordino una fisarmonica, e cioè che nelle situazioni di ordinarietà questo strumento musicale si presenta chiuso, per distendersi allorquando si manifesta l’instabilità del circuito politico-parlamentare, è una figura frutto dell’invenzione dell’allora presidente del consiglio Giuliano Amato».
Sostiene che la proposta-Giorgetti sia uno degli effetti collaterali della pandemia da Covid-19?
«Sappiamo bene che proprio in questi giorni dovrà essere affrontata la discussione sul  prolungamento dell’emergenza sanitaria dopo il 31 dicembre, e, ovviamente, le tensioni e le frizioni su questi argomenti faranno sentire il proprio peso sino a fine gennaio, inizi di febbraio, quando sapremo, effettivamente, se arriveremo all’appuntamento elettorale anticipato».
Giorgetti ha parlato da ministro, non da alto esponente della Lega…
«Infatti: per ammissione di uno stesso ministro del governo Draghi, l’organo di garanzia interna, ovvero il presidente della Repubblica, sarebbe chiamato ad operare su due sponde».
E allora, tecnicamente, come si tradurrebbe questa proposta del ministro Giorgetti?
«Si tratta solo di un’ipotesi, ovviamente, Arriveremmo all’assurdo di avere un qualunque “tecnico” chiamato a prendere il posto dell’attuale premier Draghi, divenuto intanto Presidente della Repubblica, che si determinerebbe a seguirne gli indirizzi.  Ipotesi del tutto folle, dal punto di vista costituzionale, che non starebbe assolutamente in piedi, che non esiste».
Siamo nel fanta-costituzionalismo…
«Vediamo di riassumerla: l’elezione del presidente della Repubblica, come sappiamo, avviene grazie ad una convenzione e ad accordi taciti tra i soggetti politicamente rilevanti, ovvero, Carta costituzionale alla mano, all’interno di un collegio formato ad hoc da deputati, senatori e delegati regionali. Ora, arriveremmo all’assurdo che se dovesse essere eletto proprio il Dott. Mario Draghi, quest’ultimo dovrebbe necessariamente essere sostituito».

Si creerebbe una vacatio del potere esecutivo.
«Seguirebbero le opportune consultazioni, la nomina del nuovo presidente del Consiglio, su mozione motivata delle due camere, e la concesso della fiducia. Il nuovo Governo, poi, dovrà giurare innanzi al nuovo presidente della Repubblica. A questo punto si pone il problema della maggioranza parlamentare e questa non potrà che essere quella supposta e auspicata proprio dal Ministro Giorgetti, ovvero una maggioranza di unità nazionale. Allo stato, come sappiamo, mancherebbe soltanto Fratelli d’Italia, unica forza collocata all’opposizione».
Questa sarebbe l’impostazione standard…
«Infatti, senza la quale tutto il ragionamento sostenuto sino a questo momento verrebbe a crollare. Se, ad esempio, la Lega non dovesse essere d’accordo sull’ipotesi-Giorgetti e vincesse la linea di Salvini (critico, come visto, nei confronti della proposta del suo ministro), allora non ci sarebbe storia: il presidente della Repubblica dovrebbe avviare le tradizionali consultazioni per verificare l’esistenza di una maggioranza parlamentare capace di supportare l’esecutivo.  E di quale maggioranza parliamo, di una senza il centro-destra, o senza i “peones” del Gruppo misto, con Italia Viva capace di tessere alleanze trasversali, o all’interno dello stesso Pd? ».
Le boutades di cui parlava poc’anzi…
«Il termine da me usato, boutade, ovvero trovata dell’ultim’ora, mi induce a pensare che l’attuale situazione, ovvero quella generatasi nelle ultime ore, sia effettivamente lo specchio dello stato attuale della politica Italiana, che sta letteralmente galleggiando su meccanismi fumosi e retroscena che non mancheranno di caratterizzarla da qui ai prossimi mesi, fino a quando, cioè, sul nome del nuovo inquilino del Colle del Quirinale, non convergerà una maggioranza realmente ampia e solida».
In questi termini un secondo mandato per Mattarella sarebbe precluso.
«Assolutamente. Con la conseguenza che lo spostamento di Draghi al Quirinale condurrebbe, praticamente, ad elezioni anticipate. Particolare di non poco conto, visto che i 661 eletti al Parlamento che maturerebbero il diritto alla pensione soltanto dal settembre del 2022, in caso di elezioni anticipate, vedrebbero andare in fumo i contributi versati sino ad oggi. Molte variabili, insomma, e non solo politiche». 
Alla fine, professore, la Francia torna sempre: il semipresidenzialismo di Maurice Duverger…
«Fu l’autorevole politologo a coniare il termine nel 1978: lo fece all’interno di  un saggio, A new political system model: semi-presidential government, pubblicato nell’ European Journal of political research. Potrebbe trarre in inganno, ma questa forma di governo non è semplicemente da intendersi come un presidenzialismo attenuato».
Ovvero?
«Mettendo da parte i periodi di coabitazione, in questo sistema il capo dello Stato gode di alcuni poteri che non vengono invece accordati nel modello americano, come il diritto di consultazione popolare referendaria o l'iniziativa legislativa o lo scioglimento delle Camere. Gli obiettivi di questa forma di governo sono la diminuzione della rigidità del sistema presidenziale, senza i problemi legati alla partitocrazia che sovente sorgono quando non si raggiunge una maggioranza forte in un sistema parlamentarista. Questo sistema fa sì che il presidente abbia la possibilità di indirizzare politicamente il governo e di non essere solo un garante al di sopra delle parti».
Non è che i cugini d’Oltr’Alpe abbiano ragione?
«Il semipresidenzialismo si attaglia benne alla loro V Repubblica. Mi preoccuperei se rimanessimo legati al nostro “journalisme de coulisse”… ».

Panorama.it                                                                    Egidio Lorito, 03/11/2021

Torna su