Il celebre matematico si schiera contro i suoi colleghi contrari al certificato vaccinale. E attacca: «E’ come se stesse prevalendo, sull’argomento Covid-19, il più elementare meccanismo pubblicitario.

«Rispetto le idee dei miei colleghi, ma si tratta di un numero esiguo rispetto alla maggioranza degli altri accademici. E’ tutto fisiologico, a voler dar ragione ai tradizionali processi comunicativi e mediatici: una classica minoranza rumorosa sta attirando l’attenzione non soltanto dei tradizionali mass-media quanto della stessa opinione pubblica, attratta nel vortice dei social-media, diventati, soprattutto nel dibattito su vaccini e green-pass, alquanto iperattivi».

Allievo di Flavio Previale all’Università di Torino, dove si è laureato in logica nel 1973, Piergiorgio Odifreddi ha dato corso ad una lunga e brillante carriera accademica specializzandosi negli Stati Uniti (Illinois e California) a fine anni Settanta e in Unione Sovietica (Novosibirsk) nei primi Ottanta.  Docente di Logica all’Università di Torino, tra il 1983 ed il 2007, ordinario dal 1999 di informatica e successivamente di matematica, è stato visiting professor nella prestigiosa Cornell University di Ithaca, nello Stato di New York, dove ha collaborato con eminenze scientifiche quali Anil Nerode, Richard Platek e Richard Shore. Visiting professor all’Università Vita e Salute-San Raffaele di Milano, a Pechino, Nachino, Melbourne e Buenos Aires, nella sterminata pubblicistica spicca il serrato scambio dottrinale, pubblicato nel 2014 da Mondadori, con Joseph Ratzinger-Papa Benedetto XVI, “Caro papa teologo, caro matematico ateo. Dialogo tra fede e ragione, religione e scienza”, un’insolita narrazione tra un ateo e un papa emerito, impiantata sulle diversità su fede e ragione.

 
Panorama.it ha conversato con lui per saperne di più sui fermenti che starebbero attraversando l’Accademia italiana, tra vaccini e green-pass.   

Professore, il mondo accademico appare agitato, forse spaccato al suo interno!
«Non direi trattarsi di una vera spaccatura per il semplice motivo che, in realtà, l’appello degli accademici “No-vax” è stato sottoscritto, sino ad oggi, da circa 500 tra docenti e tecnici di laboratorio su sessantamila professori, ovvero, ancora più precisamente, da 500 colleghe e colleghi su 120 mila addetti totali nelle nostre università. Quindi pur rispettando le idee di questi colleghi, si tratta di un numero esiguo rispetto alla gran massa degli accademici».
Ma le dinamiche fanno sentire il proprio peso…
«Certo, considerando i processi comunicativi e mediatici: si tratta della c.d. minoranza rumorosa, capace di attirare l’attenzione non soltanto dei tradizionali mass-media, quanto della stessa opinione pubblica. Ne discende che questo drappello di colleghi stia facendo parale di sé ben oltre le loro più rosee aspettative e ben oltre, in proporzione, di quanto stia facendo l’altra parte, in proporzione ben più numerosa, ovvero la maggioranza silenziosa».
Minoranza rumorosa e griffata, verrebbe da dire…
«Si riferisce ad autorevoli firme tra questi 500 colleghi: su tutte quella del prof. Alessandro Barbero, storico che ha attirato evidentemente attenzione e curiosità, trattandosi di una personalità ben nota al grande pubblico del piccolo schermo per le sue numerose presenze televisive. Per non parlare dei social media, che stanno provocando il tradizionale effetto saturazione».
Lei ha attaccato questi suoi colleghi
«Non certo in mondo infondato! La mia critica è ponderata su un dato oggettivo: un conto è fare dibattiti su base prettamente accademica, nel senso letterale e metaforico del termine -i professori amano, fisiologicamente, parlare e discutere tra loro…-  altro è il dibattito pubblico, soprattutto in una situazione come quella che stiamo vivendo da un anno e mezzo. E’ ovvio che la cassa di risonanza risulterà amplificata sia per l’autorevolezza degli attori che per l’importanza degli argomenti».
Professore, è il ritorno alla medievale “opinio doctorum”?
«Esatto: quando il mondo accademico discute di argomenti di portata ed interesse generale fuori dalla sobrietà scientifica, facendolo, per intenderci, su media sempre più diffusivi ed invasivi, è gioco-forza che il clamore sollevato dagli interventi non passi inosservato alla platea di telespettatori. E oggi di cyber-utenti».
Un assist alla componente “No-vax” della opinione pubblica.
«Esattamente, e fisiologicamente, direi. La componente “antivaccinale” della nostra società ne ha tratto grandi benefici mediatici, ritrovandosi al centro del dibattito politico e sociale, oltre che culturale, ovviamente».
Esempi?
«Quanto si è verificato con i recenti articoli di Giorgio Agamben e Massimo Cacciari sul blog Quodlibet, secondo i quali la pandemia generata dal Covid-19 avrebbe dato vita ad una gestione governativa emergenziale causa della stessa sospensione di molti diritti liberali».
E’ il tema della dittatura sanitaria?
«Esatto, la posizione contro l’obbligatorietà del vaccino e la conseguente schedatura dei soggetti vaccinati».
All’inizio queste voci si muovevano esclusivamente all’interno del mondo accademico.
«Quando poi il dibattito si è andato progressivamente allargando e quelle riflessioni diciamo “private”, tra addetti ai lavori, sono finite sui media, ecco che l’inarrestabile tam-tam comunicativo, unito all’indubbia notorietà delle personalità coinvolte, hanno fatto deflagrare il caso».
Così è nato il manifesto “No-vax” allora.    
«Grazie ad una autorevole base culturale, filosofica in questo caso, messaggiata su siti caratterizzati dall’indubbia rapidità espansiva. Con il risultato di fare da sponda ad un versante altrimenti destinato a rimanere nell’ombra. Era accaduto anche con una personalità del calibro di Luc Montagnier, celebre virologo francese presidente della Fondazione mondiale per la ricerca e prevenzione dell’AIDS e professore presso l’Istituto Pasteur di Parigi, Premio Nobel per la medicina nel 2008 per la scoperta, nel 1983 del virus dell’HIV».
Mi perdoni: si tratta di una personalità di assoluta autorevolezza scientifica?
«Certamente, ma negli ultimi anni pare essere stato risucchiato in una sorta di deriva scientifico-religiosa che ne ha causato perdita di credibilità. Ora, si capirà come un premio Nobel, grandi filosofi come Cacciari, Agamben e lo stesso Gianni Vattimo, uno storico del calibro di Barbero, diventato di recente una star degli youtuber, siano in grado di condizionare l’opinione pubblica e la stessa campagna vaccinale, ingenerando dubbi nella popolazione. Tutto qui».
Più che la posizione assunta, ha avuto rilevanza il nome di queste personalità.
«Succede così: se uno è famoso, anche in campi lontani da quelli propriamente scientifici, capita che la sua opinione arrivi a contare -ovvero ad apparire di contare…- molto più di quella di virologi, scienziati, luminari della medicina. Ripeto: una cosa è il parlare tra noi, tra esperti, anche di campi diametralmente opposti, altra cosa è che il nostro messaggio, arrivando ad incidere sull’opinione pubblica, possa poi essere interpretato in maniera non ortodossa. Soprattutto quando uno storico o un filosofo esprimono opinioni su argomenti di non esclusiva pertinenza».

Professore, che fa, mi attacca Barbero e Cacciari?
«Ma no, siamo amici. Pensi che siamo stati tutti insieme, nei giorni passati, al Festival della comunicazione di Camogli, e ciascuno di noi ha assistito alle conferenze degli altri. Sto semplicemente dicendo che è come se stesse prevalendo, sull’argomento Covid-19, il più elementare meccanismo pubblicitario».
Ci faccia capire…
«Per quale motivo dovremmo acquistare, ad esempio, quel tipo di prosciutto perchè ce lo suggeriva Mike Bongiorno o ancora oggi Pippo Baudo. Non c’è nessun collegamento, a parte che ci troviamo di fronte a due icone della televisione italiana: e non mi risulta che i due avessero competenze specifiche in materia gastronomica. Sono i meccanismi perversi della comunicazione di massa».
Professore, non ci allontaniamo dal focus dell’argomento.
«Ritorno al professore Barbero ed alla sua posizione originale, spiegata ancora qualche giorno addietro sulla stampa, dopo aver firmato l’appello degli accademici: lo storico sarebbe d’accordo con l’imposizione dell’obbligo vaccinale, soltanto se il Governo decidesse di renderlo obbligatorio. Quindi, soltanto se tutti fossero obbligati a vaccinarsi. Detto in soldoni: prendere tutti, legarli ad una sedia e piantargli un ago sotto pelle».
Ma è un contro-senso?
« Più che altro una posizione comoda nel dire: “sono a favore del c.d. Green-pass”, perché Barbero è stranamente contro il certificato digitale Covid richiesto dall’Unione europea, come si chiama correttamente il green-pass. Barbero si giustifica affermando che ormai si deve avere il coraggio di dichiarare di rendere obbligatorio il pass vaccinale, per come pare il Governo sia orientato a fare, per come, tra l’altro, già statuito nelle scuole e nei posti di lavoro. Insomma, sostiene Barbero che il Governo debba mostrare coraggio nel vaccinare obbligatoriamente tutti».
Rimane la contraddittorietà…
«Effettivamente non è possibile vaccinare obbligatoriamente tutti: c’è chi è allergico, chi affetto dalla fobia degli aghi, chi non sarebbe in grado di sopportare gli effetti collaterali. Mentre sarebbe più logico, come sta accadendo sino a questo momento, rendere obbligatorio il possesso del green-pass per chiunque volesse partecipare ad attività sociali».
 
Ma in questo modo si limita la libertà individuale?
«Certo, e il green-pass è previsto proprio perché ciascuno di noi, rinunciando in parte ai propri diritti, si vede costretto a comprimere parte della propria sfera sociale.   Personalmente non vado in giro nudo, non sarebbe una bella cosa da vedere, e gli altri cittadini hanno tutto il diritto di non vedermi circolare nudo. Non capisco perché non si lamentino del fatto che è obbligatorio indossare la biancheria intima quando uno esce, e non si possa andare in giro con i genitali scoperti».
Prospettive diverse per una stessa questione di libertà.
«Si tratta dello stesso piano interpretativo: in casa propria, ognuno di noi si comporta come meglio crede; uscendo per strada, cioè in un luogo pubblico, ognuno di noi deve vestirsi, adeguarsi al comportamento socialmente condiviso. Si verifica una limitazione della propria libertà? Certo, perché si scontra con quella collettiva».
Il dibattito su vaccini e green-pass ha riproposto lo sconto tra sfera privata e pubblica.
«Intanto la prima non è toccata, in quanto non esistendo un obbligo vaccinale nessun cittadino potrà sentirsi in dovere di sottoporsi all’inoculazione del serio anti Covid-19: esattamente come nell’esempio testé riferito, in quanto nessuno è obbligato a vestirsi in casa; si può tranquillamente rimanere nudi, tra le pareti casalinghe».
Ma quando si esce di casa…
«…entrando a contatto con gli altri consociati, evidentemente si è chiamati a rispettare le regole di comportamento socialmente accettate, al fine di preservare la stessa comunità. Siamo all’Abc del patto sociale, nulla di più.
Presumiamo, a questo punto, che il prof. Odifreddi sia munito di green-pass!
«Ah, ah, ah, sorrido, perché Llli Gruber pose la stessa domanda a Massimo Cacciari, che in trasmissione si era dichiarato favorevole alla campagna vaccinale, sperando in una fine rapida della pandemia. Ebbene, quando la Gruber gli chiese se si fosse effettivamente vaccinato, il buon Cacciari si inalberò, invocando la tutela della privacy! E si tratta della stessa posizione di Alessandro Barbero che ancora oggi stento a capire: tutti a favore della vaccinazione, degli altri, ovviamente».
Professore, non svicoli: lei ha concluso il ciclo vaccinale?
«Ovviamente sono favorevole alla vaccinazione e mi sono sottoposto a due dosi di “Moderna SpikeVax”: sono molto soddisfatto, perché mentre il vaccino Atrazeneca pare essere di vecchio stampo -il che non vuol dire che sia da buttar via, ma soltanto che si tratta di una vaccinazione datata- invece Biontech Pfizer e Moderna, appunto, risultano all’avanguardia: erano già in fase di sperimentazione fortunatamente, cosa che ha permesso la loro commercializzazione in tempi assolutamente rapidi. Mi sono fatto una mia cultura personale: i vaccini rappresentano la realizzazione algoritmica di un progetto scientifico capace di scatenare una reazione contro il virus».
Ce ne parli, visto che lei è un divulgatore scientifico.
«Posso presentarla in questi termini: ci si è prefissati di provocare una reazione contro il virus, andando a prendere un suo pezzettino, la famosa “spike”, la spina dell’involucro, che ricorda la membrana del riccio di una castagna, ed è contro quella che si va ad agire. Si è prelevato un pezzettino del suo Dna che serve per costruirla e si è fatto in modo che le cellule umane riconoscessero questo pezzettino del Dna che di per sé non è pericoloso, come invece il virus che sta dentro l’involucro. L’organismo reagisce credendo che sia entrato un virus, cosa che nella realtà non avviene».
E’ il passaggio fondamentale nella vulgata vaccinale…
«Esattamente quella che i “No-vax” non comprendono o non vogliono comprendere, perché ragionano nel senso che iniettarsi un vaccino significhi inocularsi delle sostanze pericolose. Assolutamente sbagliato! Il vaccino va a solleticare il meccanismo di difesa dell’organismo con una parte innocua del virus, che riesce a scatenare la naturale difesa dell’organismo, esattamente come se fosse presente il virus. Si tratta di un passaggio scientifico meraviglioso». 
Un risultato epocale per la scienza!
«In un futuro ormai prossimo, tutti i vaccini seguiranno lo stesso “algoritmo”, con la genetica che sarà conformata su questa linea d’azione. A proposito: sono nato nel 1950 e appena tre anni dopo venne scoperta la struttura elicoidale del Dna; nel corso della mia vita, in 71 anni, dunque, la ricerca scientifica ha compiuto passi da gigante, e dovremmo essere del tutto grati a chi ha portato a termine scoperte di questo genere, capaci di farci affrontare al meglio anche la grave pandemia contemporanea».
Professore, come andrà a finire ideologizzato?
«Non credo che Barbero o Cacciari, per come li conosco io, si identificherebbero con il “popolo dei No-vax”! E’ una mera convivenza oggettiva, alimentata dalla circostanza, del tutto naturale in qualunque contesto sociale, dell’esistenza di diverse opinioni. Il tutto alimentato dal tam-tam mediatico su cui i social media, in particolare, si sono buttati a capofitto, con la degenerazione del rilanciano di “bufale” o “fake news” come si suole definirle tra gli addetti ai lavori».
Intravede pericoli per l’ordine pubblico?
«Non particolarmente allarmanti, ma la guardia deve restare alta. La stessa strategia del premier Draghi mi sembra corretta: invece di auspicare subito un passaporto vaccinale obbligatorio, ha cercato di mediare, filtrando le esigenze delle varie categorie sociali. Forse il professore Barbero avrebbe preferito, a mio parere, un premier più determinato a richiedere la vaccinazione obbligatoria, secondo le procedure legislative in materia di trattamento sanitario obbligatorio. Sto apprezzando la tabella di marcia del nostro presidente del Consiglio, soprattutto in ambito scolastico ed accademico».                      
Cambiamo argomento: cosa sta facendo il prof. Odifreddi?
«Sto correggendo le bozze di un libro, di cui anticipo per i lettori di Panorama.it anche il titolo provvisorio: “Sorella figlia, fratello verme”, una storia della biologia attraverso gli animali. Quelli che noi mangiamo, che andiamo a cacciare, che teniamo in casa per compagnia, quelli che ci hanno permesso di capire molte cose dell’uomo partendo dai vaccini».
Termine ormai abusato…
«Non dimentichiamo che il termine “vaccino” deriva da “vacca”, ovvero la femmina adulta dei bovini: è stato usato proprio il “vaiolo” delle mucche per produrre il vaccino per impedire al vaiolo umano di continuare a diffondersi con le drammatiche conseguenze che abbiamo conosciuto in passato».
Il rapporto uomo-animale è imprescindibile.
«Proprio dall’osservazione degli allevatori addetti a mungere le mucche malate di vaiolo si era capito che la malattia non contagiasse gli uomini. Infettarsi con il vaiolo delle mucche avrebbe impedito il diffondersi del vaiolo umano, molto più pericoloso. Ecco com’è nato il termine vaccino! Si tratta solo di uno dei tanti esempi della continua sovrapposizione tra mondo animale ed umano».
Nel libro si parla anche di api e Tolstoj…
«Ho rievocato una bellissima pagina del suo capolavoro, “Guerra e pace”,  e della forza descrittiva della sua vita in campagna, con le sue arnie: il mondo animale e quello della scienza venne cristallizzato, già nel 1856 (data della pubblicazione del romanzo, nda) per dimostrare lo strettissimo rapporto esistente in natura tra uomo e scienziato, senza contrapposizione fra scienza e letteratura».
Contrapposizione è riemersa in queste settimane.
«Come ai tempi in cui il saggio “Le due Culture” di Charles Percy Snow venne presentato nel 1959 all’Università di Cambridge, separando la cultura scientifica e quella letteraria: l’autorevole fisico sottolineava che mentre gli scienziati non si sarebbero mai sognati di affermare il primato della scienza e che non bisognasse leggere romanzi, andare alle mostre di pittura e così via, invece gli umanisti, che credono di essere i depositari della cultura, non si sognerebbero mai di leggere un libro di divulgazione scientifica».
Il suo libro è un tentativo di pacificare i due emisferi del sapere umano.
«Esistono gli scrittori umanisti e gli scrittori scienziati, senza contrapposizioni. Non dobbiamo credere che possa esistere ancora questa divisione».
Ritorna Gramsci e la sua idea degli intellettuali.
«Precisamente. E Cito anche Calvino con l’allegoria dell’uomo dimezzato».

Panorama.it                                                                    Egidio Lorito, 14/09/2021

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