2019

Il 21 agosto del 2018 è stato un giorno tristissimo per la montagna calabrese. 10 morti, 11 feriti e 23 persone salvate miracolosamente rappresentano un bilancio troppo alto da registrare dopo una giornata passata a scoprire uno degli angoli più incontaminati dell’intero ecosistema italiano, forse il più suggestivo, affascinante e pericoloso dell’intera montagna calabrese. Non so quanti lo conoscessero prima di quell’immane tragedia il Torrente Raganello, il suo canyon e, in fondo, l’intero massiccio del Pollino, l’area protetta più estesa d’Italia, con le sue cime ben al di sopra i duemila metri -che da queste parti è roba da Everest…- con le sue faggete a perdita d’occhio, con quegli strani alberi -i pini loricati- vero reperto archeologico, divenuti, nel tempo, un mistero arboreo ed il simbolo di un Parco nazionale tra i più belli e singolari del nostro Paese. Inutile nasconderlo, anche nelle tragedie, come nei pochi flebilissimi record di questa terra, la Calabria pare destinata a rimanere ancora sconosciuta ai più, come lo è il suo territorio: le sue coste, lunghe ottocento chilometri, le sue montagne con ben sei sistemi montuosi, l’uno assolutamente differente dall’altro, i suoi fiumi, i suoi laghi, le sue foreste…

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