Siamo nell’area sud-occidentale della Basilicata -o Lucania, come preferiscono i cultori della millenaria tradizione magno-greca- nel punto esatto in cui, lasciandosi alle spalle il mare di Maratea, ci si inoltra nel vicino entroterra che incantò Guido Piovene durante il suo celebre “viaggio”. In questo punto, dove quel mare dista appena 15 km in linea d’aria, si staglia in tutta la sua imponenza e maestosità il Gruppo del Sirino-Papa: diviso tra i Comuni di Lagonegro e Lauria, in Provincia di Potenza, dall’alto dei suoi 2005 metri s.l.m., il massiccio detiene il record di seconda cima dell’intero Appennino meridionale, poco sotto le cinque vette oltre i duemila metri di quel Pollino che separa Calabria e Basilicata.
Ci siamo visti all’inizio di aprile a Milano. Affettuoso verso di me come sempre, attento alle mie iniziative culturali in riva al mare di Calabria, dove ho avuto la fortuna di averlo graditissimo ospite tre anni fa, a presentare il suo struggente “Se non ci fosse l’amore”. Lo ospitati nello splendido castello della Marchesa Fiore Cosentini di Aieta: contemplava il mare sino ad innamorarsi dell’Isola di Dino che avrebbe voluto portarsi appresso proprio nella sua Cortina. Me la immagino, la nostra isola, valorizzata nel bel mezzo delle Dolomiti…
Paesaggi che non ti aspetti. Tra le emergenze ambientali che fanno della mediterranea penisola calabrese un paradosso paesaggistico, per dirla con Guido Piovene, i lettori de “La Buona Neve” non possono mancare l’appuntamento con due singolari casi.
Il primo lo incontriamo letteralmente arroccato nelle zone più impensabili del Parco Nazionale del Pollino, tra Basilicata e Calabria, dove si è meritato un posto di primissimo piano nell’immaginario collettivo: è un segno della natura che oltre un secolo fa iniziò a stimolare la ricerca scientifica e ad eccitare poeti e narratori.
Ho definito il Monte Alpi di Latronico, in provincia di Potenza, l’“Heiger dell’Appennino”. L’imponente e vertiginosa bastionata dolomitico-calcarea, di circa mille metri, che precipita a picco dal versante nord-occidentale, ricorda incredibilmente la ben più nota e celebrata parete della “montagna assassina”: quest’ultima, si trova -come i cultori di splendide elevazioni sanno bene- nell’Oberland bernese -in Svizzera- e nel 1975 ospitò le spettacolari riprese di “Assassino sull’Eiger”, con Clint Eastwood e George Kennedy.
Alla ricerca di elfi e sirene
Ne sono convinto: tutti coloro che amano la montagna o il mare nutrono il sogno nascosto di imbattersi, prima o poi, nei magici abitatori che popolerebbero i luoghi più reconditi di boschi e foreste o quelli più profondi degli abissi marini. E’ una certezza che si è rafforzata in me leggendo le storie, i racconti o le semplici impressioni di chi, di “montagna” o di “mare”, ha scritto per passione o per professione, andando alla continua ricerca del sentiero più sco¬nosciuto come della rotta più esaltante, per conoscere un altro tipo di via: quella interiore, spirituale, intima e forse privata, che possiamo conoscere appieno grazie a “quel viaggio di scoperta eternamente in fieri, quella lunga avventura per valli, crinali, gole, foreste, pareti di roccia, grotte, (che) non hanno soltanto una dimensione geografica, ma anche un orizzonte interiore” (Bevilacqua, 1999).
"Gli alberi sono le colonne del cielo. Quando essi saranno abbattuti, il firmamento crollerà su di noi"
“Con 450 mila ettari di boschi, la Calabria è tra le prime quattro regioni più boscate d’Italia. In epoca classica le sue selve erano assai famose, tant’è che Greci e Romani nominarono “hyle” e “silva” (cioè “la foresta” per antonomasia) tutto il rilievo centro-meridionale della Calabria, allora ricoperto, senza soluzione di continuità, da un atavico manto forestale. E se, come in tutto il mondo civilizzato, anche in Calabria la memoria delle grandi selve primigenie è stata spazzata via dalla protervia dell’uomo, qui -molto più che altrove- sono miracolosamente sopravvissute straordinarie testimonianze di quelle selve.