In appena due mesi, evidenzia il sociologo della Luiss di Roma, è emerso il classico «clima di panico che accompagna la formazione e il propalarsi di notizie spesso incontrollabili, unitamente all’effetto di desensibilizzazione ai contenuti mediali, a causa dell’esposizione ripetuta alle immagini di violenza, di morte e di devastazione».
Michele Sorice, romano di origine irpina, classe 1961, è ordinario di Sociologia della comunicazione alla Luiss di Roma, dove insegna anche Partecipazione politica e governance, Comunicazione Politica e Political Sociology: direttore del Centre for Conflict and Participation Studies (CCPS), ha insegnato alla Sapienza “Università” di Roma, all’Università della Svizzera italiana di Lugano e alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. Tra le sue pubblicazioni più recenti si segnalano Partecipazione democratica. Teorie e problemi (Mondadori Università, 2019), Sociologia dei media. Un’introduzione critica (Carocci, 2020), Partecipazione disconnessa (Carocci, 2021) e, con Leonardo Morlino, L’illusione della scelta. Come si manipola l’opinione pubblica in Italia (Luiss UP, 2021).
Panorama.it ha incontrato Michele Sorice per riflettere su «processi di anestetizzazione creati dalle immagini di guerra e successiva polarizzazione del dibattito mediatico».
Dopo oltre quaranta giorni di conflitto, emergono «le differenze morali e spirituali che contrappongono la società russa a quella occidentale e che stanno legittimando, anche agli occhi della Chiesa ortodossa, la riconquista dell’Ucraina».
Intanto il Patriarca russo Kirill, che ha espresso giudizi severi sulla società occidentale, si è spinto a difendere la guerra durante un incontro con le forze armate russe: «Siamo un Paese che ama la pace e non abbiamo alcun desiderio di guerra. Ma amiamo la nostra Patria e saremo pronti a difenderla nel modo in cui solo i russi possono difendere il loro Paese».
«Gli otto miliardi messi a disposizione della sanita dal Pnrr rappresentano una dotazione irrinunciabile e inimmaginabile appena due anni addietro».
E’ ottimista, Renato Balduzzi. Riguardo alla sconfitta del virus, però, per il costituzionalista della Cattolica e ministro della Salute nel governo Monti, «occorre rimanere assolutamente guardinghi, perché la pandemia continua a galoppare anche alle nostre latitudini: sta a noi impedire che il virus torni a scalare le montagne della terapie intensive e della rianimazione».
E proprio l’occasione della fine “amministrativa” dello “stato di emergenza” è servita all’ex titolare della salute per tastare il polso al Sistema sanitario nazionale, tra principi costituzionali centralistici e spinte regionalistiche.
«Gli intellettuali continuano a svolgere un ruolo insostituibile nella storia della Russia contemporanea, esattamente come accadeva sotto l’Urss».
Marco Clementi, storico dell’Europa orientale e delle relazioni internazionali, ripercorre la lunga parabola del dissenso al potere costituito. Ed evidenzia come «si stia manifestando una nuova stagione del dissenso, sulla scia del movimento che permeò ogni settore della vita dell’ex Unione sovietica». In particolare sottolinea come «ancora oggi in Russia sia vivo quel meccanismo che creava l’incompatibilità tra intellettuali e potere in Urss: ovvero l’idea stessa di “dissenso”, inteso come campo di riflessione e di azione di tutti “coloro che pensano in altro modo”».
Ha suscitato scalpore vicenda della giovane ex allieva pilota dell’Aeronautica militare Giulia Schiff, assurta alla cronaca per aver denunciato atti di nonnismo di cui sarebbe rimasta vittima all’epoca della frequentazione dell’Accademia militare di Pozzuoli. La Schiff si è arruolata volontaria nelle milizie speciali della Legione internazionale, partendo in direzione Ucraina al momento dello scoppio del conflitto. Insomma, una foreign fighter contro i russi invasori, catapultata anche in prime time televisivo dal programma “Le Iene” nel corso del reportage andato in onda ieri sera su Canale 5. “Non sono una mercenaria: non so se mi pagheranno e non mi interessa. Sono qui come volontaria e non per fare soldi”, ha sottolineato, innescando, ovviamente, polemiche e giudizi di varia collocazione.
Antonella Salomoni, storica contemporanea, spiega come «in Russia l’espressione “via peculiare” o “via speciale” è stata uno dei fondamenti della legittimazione politica del regime autoritario, a volte in modo più difensivo e isolazionista, come all’epoca sovietica di Leonid Brežnev, a volte in modo più aggressivo, come è avvenuto nell’ultimo decennio». In particolare, la russista insiste sul ragionamento che «l’idea di una via peculiare di sviluppo, di tipo non europeo, sia servita a impedire o combattere la penetrazione di tendenze democratiche ritenute “estranee” o “straniere”, come sta avvenendo oggi in Ucraina».