A tu per tu con...
Tra tutti gli autori presentati la scorsa estate, sinceramente era il solo che non conoscevo, nè di nome nè di fisionomia. Ed anche la circostanza in cui ci siamo incontrati, una calda sera di fine luglio -dopo che durante le due precedenti avevo condiviso la pedana con calibri quali Emanuele Severino, Luciano De Crescenzo, Pirgiorgio Odifreddi e Massimo Donà- la dice lunga su quanto sapessi di lui. Avevo avuto il suo numero di cellulare e dovevo avvertirlo su orario e luogo in cui avrebbe avuto luogo la presentazione del suo romanzo d’esordio: digito il numero, inizio a parlare e dopo un bel po’ di secondi di conversazione mi accorgo che Massimiliano si trovava a non più di un paio di metri di distanza da me, intento a conversare con lo sconosciuto moderatore della serata.
A tu per tu con...
Non occorre molto per comprendere lo spessore culturale di Massimo Teodori: una semplice visita al suo sito-internet (www.massimoteodori.it) dà l’idea delle innumerevoli attività culturali, di studio, ricerca, impegno politico che caratterizzano la vita di questo autorevole docente universitario, fine commentatore politico, penna raffinata che sin dal primo incontro colpisce per la disponibilità e la cordialità: doti, queste, che contribuiscono a rendere ancora più gradevole lo scambio di opinioni.
A tu per tu con...
Quando questa rubrica ha iniziato a muovere i primi passi, settimanalmente sapevo già quali autori intervistare: giornalisti, scrittori, editori, politologi, esponenti del mondo della cultura ed anche dello spettacolo. Insomma, nella mia personale rubrica qualche nome noto al grande pubblico figurava già, frutto di una non trascurabile attività di pubbliche relazioni e del ruolo di moderatore e coordinatore in una prestigiosa rassegna culturale estiva che quella personale rubrica ha contribuito a far lievitare.
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“Non ho origini siciliane, io sono siciliano, geneticamente parlando, dalla testa ai piedi”. Mi stoppa così questo quarantatreenne “siciliano” di Agira, in provincia di Enna, filosofo per studi, libraio ed insegnante di liceo per professioni d’esordio, evidentemente poi abbandonate per dedicarsi a quella divorante passione nella quale sta riuscendo piuttosto bene, se il suo esordio mondadoriano, “Le uova del drago” (2005), è stato uno dei casi letterari dello scorso anno e se la sua attività lo vede oggi penna di punta di “Panorama” dopo esserlo stato anche de “Il Foglio” di Giuliano Ferrara, del quale parla così bene come solo un figlio ed un allievo possono parlare del proprio padre e maestro.
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Suo padre è stato un simbolo per un’intera generazione, quella che vedeva in questo baffuto milanese l’incarnazione del moderno eroe, novello Ulisse, capace di sfidare la natura e le sue forze pur di spingere l’uomo alla ricerca dei suoi limiti. E quando il 24 agosto del 2005, Ambrogio Fogar si è spento, con questo grande eroe moderno, tutti abbiamo perso una piccola parte di noi, fatta di emozioni, ricordi, limiti interiori ed esteriori da superare, di sogni. Sogni che per Ambrogio significavano distese giacciate e cani-slitta -il mitico Armaduk- vette imbiancate e discese a valle, mari sconfinati e zattere alla deriva.
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Quando Enzo D’Elia, patron della “Delia Cultura”, instancabile organizzatore di eventi culturali con le maggiori firme del giornalismo italiano, mi preannunciò che nella rassegna estiva 2006 avremmo avuto in programma Magdi Allam ed il suo ultimo libro, sapevo già che quella non sarebbe stata una presentazione come tutte le altre. E non certo perché l’autore non ha, evidentemente, origini italiane, quanto perché intorno ad “Io amo l’Italia. Ma gli italiani la amano?” (Mondadori 2006), è nato un vero e proprio movimento d’opinione, una curiosità affettuosa, una lunga serie di interrogativi che stanno rendendo la vita personale e professionale di questo brillante giornalista e scrittore egiziano, un caso veramente unico nel panorama editoriale italiano.