La Provincia Cosentina - Cosenza

A tu per tu con...

“Questo è un libro sgradevole. E scomodo. Sgradevole perché non è simpatico che qualcuno ti ricordi che Kant pensava che i negri puzzassero e che la nazione è tale “per comune discendenza di stirpe”. Mentre Voltaire era convinto che le negre si accoppiassero con gli scimpanzè dando vita a mostri sterili. E che “ancora oggi in Calabria si uccide qualche mostro generato dalle donne. Non è improbabile che, nei paesi caldi, delle scimmie abbiano soggiogato delle fanciulle”. D’altra parte sempre Voltaire notava “che i negri e le negre, trasportati nei paesi più freddi, continuano a produrvi animali della stessa specie” e che “i mulatti sono semplicemente una razza bastarda. (…)

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Questa giovane rubrica sta iniziando a conquistarsi i suoi meritati spazi: qualche giorno fa, dopo aver inviato le canoniche richieste di contatti a buona parte delle più importanti case editrici nazionali -per poi conversare con gli autori maggiormente rappresentativi o di più recente pubblicazione- mi arriva una gradita e-mail dalla fiorentina Vallecchi. La cordiale responsabile dell’ufficio stampa, Sebastiana Gangemi, mi contatta per aderire alla richiesta di questo quotidiano e mi invia alcuni titoli con i riferimenti dei rispettivi autori. Il prossimo settembre, saranno ben 104 gli anni di vita di questa casa editrice, fondata da Attilio Vallecchi che apportò un “contributo decisivo alla nascita dell’editoria italiana moderna e a quella temperie culturale che promosse la Firenze del primo ‘900 tra le capitali intellettuali d’Europa”, come tengono a sottolineare dalla sede di Via Maragliano.

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Converso con Alfio Caruso nel giorno in cui, da buon abbonato, ricevo l’ultimo numero di “Panorama”: all’interno ben sette sono le pagine che compongono un forte articolo a firma di Giacomo Amadori, “Milano, capitale della ‘ndrangheta”. Colonne piene zeppe di nomi, dati, accadimenti, situazioni che faranno -almeno spero- accapponare la pelle di ogni calabrese onesto. Nel pomeriggio, il mio libraio mi mette a disposizione due titoli del giornalista catanese ospite di questa nuova conversazione: inizio a sfogliare “Perché non possiamo non dirci mafiosi” e sembra di rivivere la stessa scena: “(…) oggi non è Catania a somigliare a Milano ma, al contrario, è Milano che somiglia a Catania.

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“Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa (…)”. L’appuntamento di questa settimana parte dalla lettura dell’art. 99 della nostra Carta Costituzionale: si parla del Cnel, ovvero di un organo ausiliario collegiale a rilievo costituzionale voluto all’epoca dal Costituente con funzioni di iniziativa legislativa, consultiva e di stimolo dell’attività di Parlamento, Governo e Regioni nelle materie riguardanti l’economia ed il lavoro.

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Quando coordinai la presentazione dell’ultimo (per ora) romanzo di Giuseppe Lupo, nell’agosto del 2004, durante la rassegna culturale che ogni anno attira a Maratea -in riva a quel Tirreno che si contendono Campania, Basilicata e Calabria- alcuni degli autori più famosi ed apprezzati del panorama editoriale italiano, con le rispettive roboanti case editrici, sapevo bene che la Calabria sarebbe prepotentemente entrata in quella manifestazione. Il patron Enzo D’Elia mi “costringe” sempre a leggere le opere e a prepararmi a dovere, ma quella sera andai attrezzato più del solito perchè l’autore che mi ritrovai tra le mani nel salotto culturale di Piazza del Gesù aveva vinto, nel 2001, il Premio Giuseppe Berto.

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“Benedetto sia l’Islam più fanatico perché ha dissotterrato un’espressione sepolta dall’incuria e dal benessere: civiltà. Non c’era più traccia consapevole di civiltà fino a quando i suoi nemici islamici non l’hanno messa in pericolo e a confronto. Non si parlava di civiltà se non come sinonimo di buona creanza o di mezzi tecnici avanzati, fino a che la barbarie del terrorismo e il violento attrito tra due mondi diversi non ha colpito la vita, i luoghi e l’immaginario della nostra civiltà, fondata sui pilastri della grecità, della romanità e della cristianità. Certo, nessuna ragione potrà compensare le tragedie innescate dal terrore, la vita troncata di migliaia di persone, a New York come altrove.

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