L'Eco di Basilicata

Parto dall’inizio, anche se non c’ero. Dalla notte tra il 12 ed il 13 agosto del 1961, per ricostruire una delle tappe fondamentali della storia dell’Europa del XX secolo: quella notte venne portata a termine la più imponente operazione divisoria che mente umana potesse concepire e capire, l’operazione “Muraglia cinese”, finalizzata a separare due mondi, due sistemi di vita, due ideologie.

Non nego che a questa nuova riflessione avrei preferito assegnare un titolo diverso, più forte, del tipo ”fuori le p….!”. Poi ho fatto prevalere una certa ragione giornalistica, un “bon ton” di circostanza. Comunque sia, il titolo deve rimanere forte: anzi leggetelo proprio come avrei preferito scriverlo. Ho sotto gli occhi una mappa marina che riporta almeno 27 affondamenti delle ormai note “navi a perdere” o “navi dei veleni”. Ebbene, dal Golfo di Policastro verso Sud, come dal Golfo di Sibari in giù, le due lunghe coste di Basilicata e Calabria sembrano brulicare di relitti affondati a partire dal 1979, giusto 30 anni fa.

Adesso ne parlano tutti. Ci sono voluti una ventina d’anni, poi alla fine qualcosa è venuto a galla: e non si tratta di una battuta di cattivo gusto. Intanto abbiamo un collaboratore di giustizia che vuota il sacco su un mare di misteri; un racconto che ha dell’incredibile (ma solo per chi non è abituato a discorsi di mafia…); tre mercantili di un centinaio di metri dai nomi affascinati ed esotici (Cunski, Yvonne A. e Vorais Sporadais); un mare che già pagava un prezzo altissimo alla sua credibilità biologica; molti che sembrano cadere dalle nuvole, come se nessuno sapesse.

Un titolo che riporta alla memoria ricordi poco felici della nostra vita scolastica: un voto insufficiente da far tremare anche i più “dritti”, soprattutto se conseguito nella condotta scolastica, ovvero in quell’insieme di comportamenti tenuti dall’alunno durante il corso dell’anno. Roba d’altri tempi -si dirà- considerato che oggi tutto sembra essere permesso. Mario Giordano ha 43 anni ma è già un giornalista di razza: ha diretto tra il 2000 ed il 2007 il Tg di Italia Uno prima di assumere la guida de “Il Giornale” ed approdare -giusto qualche giorno fa- ai comandi delle Nuove Iniziative News di Mediaset

“Finchè la mafia esiste bisogna parlarne, discuterne, reagire. Il silenzio è l’ossigeno grazie al quale i sistemi criminali si riorganizzano e la pericolosissima simbiosi di mafia, economia e potere si rafforza. I silenzi di oggi siamo destinati a pagarli duramente domani, con una mafia sempre più forte, con i cittadini sempre meno libri”.

“Qualcuno era comunista” è il titolo di una lunga composizione musicale, datata 1991, nata dalla coppia Giorgio Gaber-Sandro Luporini: il quel lungo testo, il Signor G. -a domanda- rispondeva se potesse considerarsi comunista. Luca Telese -giornalista parlamentare e scrittore, cagliaritano di nascita e romano d’adozione, da tre stagioni alla guida del talk-show politico “Tetris” targato “La7”- ne ha fatto ora il titolo del suo ultimo libro “Qualcuno era comunista”, appunto (Sperling&Kupfer, 2009) che ho ricevuto appena qualche giorno fa dal sempre cordiale e puntuale ufficio stampa della casa editrice milanese del Gruppo Mondadori.

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