Panorama - Milano

Il professor Tullio Padovani, difensore di Marcello Dell’Utri, spiega come il recepimento della direttiva europea 343 rafforzerà le garanzie sulla presunzione d’innocenza. 

A partire dalla conferenza stampa. Si va dalla stretta sulla fuga delle notizie al necessario utilizzo di una precisa terminologia per definire i rapporti tra Autorità giudiziaria e giornalisti.
Padovani: «Dovrebbe sparire, finalmente, quella fastidiosa e pericolosa gogna mediatica da sempre ingiusto corollario ai procedimenti giudiziari».

Il costituzionalista della Università Magna Graecia di Catanzaro, allievo di Temistocle Martines, si sbilancia su alcuni nomi in vista dell’elezione del successore di Sergio Mattarella. 

Tra accademici di chiara fama e politici di lungo corso, Ventura sostiene che «quando l’elezione del Capo dello Stato diventa un mero dibattito politico, anzi uno vero scontro partitico, assistiamo ad una ridondanza argomentativa del tutto fuori controllo, al punto che tutte le personalità indicate corrono seriamente il rischio di vedersi “bruciate”. Io stesso suggerirei dei nomi, avrei in segreto soprattutto un nome, ma soppeso bene il rischio cui fare andare incontro queste personalità».

Dopo le parole del ministro dello sviluppo economico e numero due della Lega, che ha evocato il ricorso ad un semipresidenzialismo in salsa italica, la corsa alla successione di Mattarella al Colle più alto di Roma ha subito un’accelerazione non preventivata fino a qualche giorno addietro.

Da alcune ore le anticipazioni dell’ultimo saggio di Bruno Vespa stanno scuotendo i palazzi della politica e con essi costituzionalisti e politologi. Giancarlo Giorgetti, ministro leghista allo Sviluppo economico e numero due del Carroccio avrebbe infatti dichiarato che «Draghi potrebbe guidare il convoglio anche da fuori (dal Colle, ndr). Sarebbe un semipresidenzialismo de facto in cui il Presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole». Per il professor Lanchester «le parole del ministro, una sorta di macigno lanciato in uno stagno, da più parti sono apparse un vero e proprio endorsement in favore del premier Mario Draghi, soprattutto ora nel bel mezzo della difficile partita che l’esecutivo sta iniziando a giocare tra l’uscita dall’emergenza pandemica (non facilmente databile, però) e la gestione della gran massa di denaro pronta a piovere dall’Europa attraverso il noto Piano nazionale di ripresa e resilienza». Anche perché sempre il ministro Giorgetti aveva evidenziato, ancora tra le pagine del testo di Vespa, come «già nell’autunno del 2020 dissi che la soluzione sarebbe stata confermare Mattarella ancora per un anno. Se questo non è possibile, va bene Draghi».

A cento anni dalla nascita dello scrittore veneto, intervista al suo biografo Giuseppe Mendicino. «Nelle sue lettere», racconta, «Rigoni parla di boschi e di urogalli, del suo altipiano aggredito dalla speculazione edilizia e dalle esercitazioni militari, di manoscritti ingiustamente respinti dagli editori, come quelli di Tina Merlin». . 

Tra i più grandi scrittori del Novecento italiano, Mario Rigoni Stern (1921-2008) è oggetto in questi giorni di convegni, letture e momenti di riflessione organizzati in concomitanza con la ricorrenza del centenario della nascita. La figura di intellettuale organico al territorio, ovvero all’altipiano incastonato tra le province di Vicenza e Trento, in realtà è da tempo oggetto di attente riflessioni che prendono spunto proprio dal paesaggio che lo scrittore imparò ad amare sin da bambino, divenendo nel tempo il leit motiv di buona parte della sua produzione letteraria. Un intero ciclo vitale capace di racchiudere, tra dolci colline e appuntite cime dolomitiche all’orizzonte, la vita e il racconto poetico del suo più celebre concittadino, anche quando a migliaia di chilometri di distanza da casa, sergente al comando di settanta alpini in ritirata, riuscì a riportarli in salvo dalle sterminate e gelide steppe russe. 

Antonio Baldassarre interviene sull’intricata vicenda politico-giudiziaria che si è creata dopo l’assalto alla sede romana della Cgil. 

«C’è stata una cattiva gestione dell’ordine» dice il presidente emerito della Corte costituzionale a Panorama.it. «Il problema è che se si mette in dubbio, politicamente, l’operato della titolare del dicastero, si vanno a toccare gli equilibri interni al governo».
E sulla leggerezza nella gestione della vicenda: «C’è stata una cattiva gestione dell’ordine pubblico: il problema è che se si mette in dubbio, politicamente, l’operato della titolare del dicastero, si vanno a toccare gli equilibri interni al governo…».
Sette giorni dopo le violenze esplose a margine della manifestazione “no green pass” di Roma, continua serrato il dibattito tra le forze politiche: in realtà la vicenda si sta cristallizzando tra il profilo politico-legislativo e quello più spiccatamente giudiziario. Ecco perché occorre ben riflettere sulla complessa vicenda: i partiti presenti in Parlamento non possono che esprimere giudizi di natura esclusivamente politica, senza che il richiesto scioglimento “de jure” di Forza Nuova possa realmente trovare sponda. Ben diverso, invece, il profilo giudiziario che si è incanalato in due procedimenti penali che cercheranno di fare luce sull’attacco portato dai militanti di Forza alla sede della Cgil di Roma, con il numero degli indagati intanto cresciuto.       

Sulla proposta di scioglimento di Forza Nuova, la parola ai giuristi: parla il costituzionalista Alfonso Celotto. «Occorre accertare un’effettiva volontà di ricostituzione del Partito fascista».

Dopo le violenze dello scorso fine settimana, esplose a margine delle manifestazioni “no green pass” di Roma e Milano, le forze politiche accelerano sul destino da riservare al movimento politico Forza Nuova, grazie alla presentazione in Parlamento di mozioni contro il movimento di chiara ispirazione fascista. Ma anche il mondo accademico fa sentire la propria autorevole voce: per il costituzionalista Celotto «occorre attendere la ricostruzione della magistratura nel senso dell’accertamento di una effettiva volontà di ricostituzione del Partito fascista: solo a quel punto si potrà andare nella direzione anche di uno scioglimento di Forza Nuova».

Torna su